Una rosa costruita con criterio, allenata con saggezza e capace di interpretare le partite nel modo giusto. Con qualche meccanismo ancora da oliare ma con una base solida e l’obiettivo di tornare in C sempre più definito. In pochi mesi il progetto amaranto è decollato
Speranza, sorpresa e consapevolezza in appena cinque giornate. L’Arezzo ha cominciato il campionato con l’obiettivo di partire forte, nonostante le recenti delusioni fossero una zavorra pesante. Poi si è ritrovato a punteggio pieno dopo due, tre, quattro giornate e nell’ambiente si è avvertita quasi la meraviglia di una serie di risultati senza intoppi né inciampi. Sembrava troppo bello per essere vero in una piazza che ha vissuto mille traversie. Adesso, dopo il sofferto colpaccio di Civita Castellana, si fa strada una percezione diversa di questa stagione, del presente e del futuro. L’autostima è cresciuta in parallelo ai punti in classifica e la strada è tracciata.
Una premessa d’obbligo: cinque giornate sono poche per tranciare giudizi definitivi e il calcio insegna che lo status quo può cambiare per un palo, un rigore sbagliato o un fuorigioco. Però l’Arezzo sta sviluppando un percorso programmato per tempo, dove tutto si incastra nel modo giusto, quasi ci fosse un disegno. E in effetti il disegno c’è.
Paolo Giovannini ha costruito una rosa forte, amalgamata bene tecnicamente e anagraficamente, con ragazzini disinvolti che sembrano over scafati e giocatori esperti che ci mettono il brio dei più giovani. Il circolo vizioso di una volta, dove gli under erano un peso e i senatori trascinavano poco o nulla, si è spezzato. Ora c’è fiducia che si autoalimenta e in campo si vede.
Molto ci ha messo Paolo Indiani. E più che dal punto di visto tecnico o tattico, ha inciso su quello mentale. La squadra è nuova ma ha un’identità, è già coesa, è tignosa come gli avversari, non pecca di superbia, fraseggia se le riesce e sennò abbassa la testa e combatte palla su palla. La vittoria di ieri lo dimostra: nella partita più ostica tra quelle disputate finora, ci ha messo sì la qualità ma è stata la voglia di portarla a casa a fare la differenza.
Ovviamente c’è tutto il resto. L’Arezzo ha valori da categoria superiore, giocatori che tra i professionisti ci sono già stati per tanti anni e altri che ci arriveranno presto. Settembrini, a segno dal dischetto contro la Flaminia, incarna lo spirito battagliero di un gruppo che ha capito cosa bisogna fare per tornare su. Finora sono stati i difensori (un solo gol al passivo) a tenere in piedi la baracca insieme agli esterni d’attacco (2 gol Gaddini, 2 Convitto, 1 Pattarello) ma il cuore, come insegna il calcio, sta in mezzo al campo.
L’Arezzo è primo, a punteggio pieno, nonostante Boubacar e Diallo, cioè le punte di diamante, abbiano inciso poco in fase realizzativa (un gol per il liberiano). Nonostante Poggesi debba ancora liberare tutti i cavalli del motore. Nonostante la squadra, talvolta, pecchi di frenesia nell’interpretazione delle partite. E nonostante Indiani abbia fatto ricorso a un turn over massiccio in formazione (quattro cambi mercoledì, addirittura sette ieri), sconfessando la consuetudine secondo cui l’undici che vince non va toccato più di tanto.
Il vento è girato e adesso l’Arezzo ce l’ha alle spalle. L’anno scorso, al di là dei demeriti, gli episodi (arbitrali e non) nei momenti topici si mettevano sempre di traverso: le due partite con il San Donato, ma anche quelle con il Gavorrano, lo testimoniano. Oggi va tutto in discesa e la capacità di tirare gli snodi cruciali dalla parte giusta non si acquista. O ce l’hai o non ce l’hai, figlia com’è della positività.
Il pubblico è la ciliegina sulla torta. Si sta ricreando quel clima di impazienza, di adrenalina che conduce alla domenica e che mancava da tempo. Vincendo domenica con il Seravezza, gli amaranto arriverebbero a sei successi iniziali consecutivi, un’impresa riuscita solo alla squadra del 1955/56 e che rappresenta un primato nei 99 anni di storia. Forse è l’ora di aggiornare le statistiche.