Quella di Indiani possiamo definirla una evoluzione ragionata, che sta consentendo all’Arezzo di conservare i pregi di sempre con l’aggiunta di un atteggiamento più concreto. Per vincere il campionato bisogna essere da mare e da montagna e l’allenatore lo ha capito, come dimostrano le ultime prestazioni e gli ultimi risultati
La (non) rivoluzione. Così si può definire l’evoluzione dello squadrone amaranto, che dopo la bruttissima sconfitta di Terranuova (onore ai ragazzi di Calori per l’equo trattamento riservato alla Pianese) ha saputo ritrovarsi e “rinnovarsi”. Il virgolettato è relativo al fatto che questa squadra ha continuato a lavorare secondo i principi che la hanno delineata da inizio stagione, con i soliti pregi e, paradossalmente rispetto ai risultati di questo periodo, con qualche difetto che non si riesce ad eliminare del tutto.
Partiamo appunto dalle cose positive che emergono dalla partita col Ghiviborgo, chiusa con una vittoria solare e mai in discussione se non nella parte finale del primo tempo, dove il Cavallino ha corso dei rischi eccessivi. Un successo schiacciante al di là del risultato, e non scontato, perché il Ghiviborgo si è dimostrato ben messo in campo e con buone individualità offensive. L’Arezzo l’ha vinta con uno splendido inizio, con un gran ritmo e con un gioco arioso che ha permesso di creare i presupposti al gol, arrivato su un piazzato in zona rossa conquistato da un caparbio Settembrini (bentornato capitano) e giocato ottimamente verso la porta con una traiettoria velenosa: se non l’avesse sfiorata Risaliti (grandi complimenti a lui per l’ennesima segnatura e per la prestazione sontuosa), sarebbe entrata lo stesso.
Ecco, il resto dei calci piazzati a favore, numerosissimi, non sono stati giocati con la stessa sagacia, con la stessa cattiveria; la batteria dei saltatori amaranto è copiosa e qualche soluzione meno elaborata, come quella sperimentata con successo in occasione del primo gol, la aiuterebbe ad essere più efficace in questa partita nella partita che sono i calci da fermo.
Parlavamo di (non) rivoluzione. Hanno fatto notizia alcune turnazioni dell’ultimo periodo. Noi che siamo fuori dal recinto, fuori dallo spogliatoio, non possiamo conoscere tutte le motivazioni che spingono il mister e il suo staff a fare scelte che sono complicatissime; avere 22 giocatori di altissimo livello per la categoria è sicuramente un vantaggio, ma gestirli per ottenere il meglio da loro in funzione dell’obiettivo dichiarato, in questo campionato condizionato dalla presenza degli under, non è un boccone da ghiotti. Il primato riconquistato, la continuità di questo periodo stanno dando ragione a Indiani e alla società, che si è dimostrata solidissima dopo le critiche post Terranuova.
Tornando ai pregi, è bellissimo vedere in campo tanti giocatori di qualità, alla ricerca sovente di una costruzione del gioco che non salti i reparti; nonostante l’ostruzionismo tattico degli avversari, lecito, sono state moltissime le occasioni da gol costruite e, allo stesso tempo, troppe quelle sprecate. I numeri ci dicono che fra le squadre di testa solo la Pianese (che ha 2 giocatori a 9 reti) e l’Arezzo non hanno ancora un giocatore in doppia cifra: questa statistica va superata il prima possibile e son sicuro che se la classifica continuerà a sorridere agli amaranto, e la consapevolezza continuerà a crescere, saranno più di uno gli amaranto in doppia cifra.
Un’ultima sottolineatura, non banale, riguardo la scelta del mister di optare per la difesa a 3 nel finale, con un baricentro più basso per non rischiare praticamente nulla e pungere letalmente l’avversario in contropiede. Ormai ogni tifoso ha capito che in questo campionato di serie D, bisogna essere da mare e da montagna. Conta solo una cosa, come ci ricorda Indiani dal primo giorno: vincere questo torneo con ogni mezzo tecnico tattico lecito. È normale che piacerebbe dominare tutti i momenti di una partita, ma son sempre 3 punti quelli ottenuti sapendosi stringere se ci sono delle difficoltà, o farlo per scelta se non si vuol correre rischi.
Puncta (come la pecunia) non olet.