Cherif Diallo, classe 97, centravanti liberiano

La prestazione maiuscola contro la Sangiovannese ha portato alla luce le qualità del centravanti, perfettamente inquadrato nelle due fasi. Aiuto alla squadra sulle palle ferme a sfavore, pressing sul portatore avversario ma soprattutto attacco costante alla profondità, movimenti letali sul primo palo e tanti uno contro uno vinti grazie a fisico e velocità. Con il bell’abbraccio a Boubacar al momento della sostituzione

Chi ha un po’ di anni e ha seguito l’evoluzione del calcio, sa di cosa parliamo: il guardiolismo che ci ha abbagliato nella prima decade del 2000 e ci ha fatto conoscere una figura che non conoscevamo: il falso nueve. Non un centravanti nel senso classico, non un procacciatore di profondità ma un’esca, un giocatore in grado di creare gli spazi per gli altri, di rifinire in maniera sopraffina, di ingannare i poveri centrali difensivi in cerca di un riferimento sicuro su cui arrotare i tacchetti.

Peccato che quel falso nueve si chiamasse Leo Messi e che nel Manchester City delle meraviglie ora giochi un omone chiamato Erling Håland, un vero centravanti alto 194 cm e pesante 88 kg, autore di un gol ogni 54 minuti giocati.

La premessa ci porta ad analizzare la prestazione maiuscola di Cherif Diallo, ex Derthona, contro la Sangiovannese. È indubbio che nel precampionato le prestazioni dei due attaccanti a disposizione di mister Indiani (l’altro è Boubacar) non abbiano rapito l’occhio; questo è normale per le caratteristiche fisiche dei due Calypso Boys dell’Arezzo (in ricordo di due fantastici giocatori del Manchester United del passato, Yorke e Cole).

La partita di Figline ci ha mostrato quanto sia fondamentale la presenza di un Centravanti con la C maiuscola. Cherif ha firmato una prestazione fantastica. Perfettamente inquadrato nelle due fasi, con aiuto nei calci da fermo contro e nella fase di non possesso (con la prima pressione sul portatore in fase di gioco e nell’impedire la giocata su un centrale con palla dal fondo), ha esaudito perfettamente le richieste che ogni allenatore fa alla prima punta: “crea la profondità, difendi ogni palla come se fosse tua madre, accorcia la squadra quando stiamo difendendo, buttala dentro”.

Il bomber liberiano ha giocato 28 palloni e ne ha persi solo 4. Ha concluso 3 volte in porta, sempre nella posizione dove un vero attaccante incide, sul primo palo, prendendo posizione davanti al suo marcatore; ha fatto girare la squadra vincendo praticamente ogni duello, regalando quel secondo in più che serve ai difensori per accorciare in avanti, ai centrocampisti per inserirsi, ai compagni di reparto per muoversi a dovere.

Diallo ha dimostrato di prediligere i movimenti che esaltano la profondità, principio fondamentale in possesso, cioè la capacità di attaccare la squadra avversaria oltre l’ultima linea difensiva e che favorisce molto l’ampiezza, visto che l’avversario dovrà preoccuparsi di difendere la porta e quindi stringerà molto il campo.

Un paio di note a margine: quanto ci metteranno gli avversari dell’Arezzo a capire che lasciare un giocatore così uno contro uno nel centro sinistra (con il terzino avanti a marcare il Pattarello di giornata) è dannoso, visto che botta su botta viene sempre via (Gavorrano docet)? Va da sé che quando non lo faranno, Pattarello o chi gioca in quella posizione sarà ancora più libero e devastante.

E poi, l’abbraccio con Boubacar al momento dell’uscita dal campo. Molto bello con una suggestione: vederli in campo insieme, magari con una struttura di squadra diversa. Non ci stupiremmo mister.

Classe 1971, nato a Roma, ex centravanti, è dottore in psicologia. Nel 2016 ha conseguito il master Uefa Pro a Coverciano. Allenatore professionista, è attualmente docente di tecnica calcistica presso la Federazione Italiana Gioco Calcio