Classe ’90, aretino di Indicatore, cresciuto nelle giovanili dell’Arezzo, tifoso da sempre, raccattapalle negli anni d’oro della B, sarebbe stato un ottimo profeta in patria. Per lui quattro stagioni di serie D con 112 presenze e 24 reti ma senza la promozione: “La conquistammo con il ripescaggio e la società non confermò nessuno. E’ un cruccio che mi porto dietro. Oggi gioco a Subbiano e spero che Settembrini festeggi quello che non ho festeggiato io”

Classe ’90, aretino di Indicatore, cresciuto nelle giovanili dell’Arezzo, tifoso amaranto da sempre, raccattapalle negli anni d’oro di Abbruscato e Floro Flores, Stefano Rubechini sarebbe stato un ottimo profeta in patria. E in parte c’è riuscito, visto che in prima squadra è rimasto per quattro stagioni, tutte in serie D, inseguendo una promozione nei professionisti che, per un motivo o per l’altro, non è mai arrivata.

Per uno scherzo del destino l’ha conquistata dopo, a Gavorrano, nell’annata 2016/17. E, sempre perché il destino ha più fantasia di noi, ad allenarlo c’era quel Bonuccelli che oggi contende il grande salto all’Arezzo sulla panchina della Pianese.

Mancino puro, esterno con spiccate attitudini offensive, facilità di corsa, tiro secco e preciso, Rubechini è stato un jolly prezioso in quegli anni. Ha giocato nel suo ruolo naturale ma anche da terzino, da mediano nel centrocampo a due e a tre, da trequartista, da quinto nel 352, da seconda punta. In totale per lui 112 presenze di campionato con 24 gol, cui aggiungere quello segnato alla Fortis Juventus nell’estate del 2010. La tifoseria passò in un mese e mezzo dai playoff per la B contro la Cremonese alla serie D. E la partita con i biancoverdi di Borgo San Lorenzo fu la prima ufficiale dell’Atletico Arezzo: il “Rube” segnò da fuori area a la mise all’incrocio. Un gol bello, inutile (finì 2-1 per gli ospiti) ma dal grande valore simbolico.

In quelle quattro stagioni, in cui ha anche indossato la fascia di capitano, ha visto vincere Perugia e Pontedera, Castel Rigone e Pistoiese, vivendo in maniera doppiamente intensa i momenti positivi e quelli negativi.

Nell’intervista rilasciata ad Amaranto Social Club all’interno dei locali del Museo Amaranto, ha svelato ricordi, aneddoti, retroscena e stati d’animo, spiegando perché si sente emotivamente vicino a Settembrini, i motivi per cui stima Giovannini e Indiani e il rimpianto per non essere stato confermato in rosa dopo il ripescaggio del 2014.

“Le mie in amaranto furono quattro stagioni tormentate – ha detto – ma conservo dei ricordi splendidi. Coppola, Nofri e Cardinali gli allenatori con cui ho conservato il rapporto più stretto, Floro Flores il giocatore che ho amato di più da ragazzino. Adesso auguro all’Arezzo di vincere questo campionato. Ce lo meritiamo tutti”.