Dopo la vittoria nel derby con la Sangiovannese, gli amaranto sono in testa alla classifica, da soli, a punteggio pieno. Indiani ha il miglior attacco e la miglior difesa del girone, gli over danno sostanza e gli under si sono inseriti con personalità. Il cammino è ancora lungo, ma inizio migliore non poteva esserci. E il vento soffia alle spalle
Tre giornate, 9 punti, primo posto solitario in classifica. In serie D l’Arezzo non era mai partito così forte e adesso si gode una felicità quasi surreale, di quelle che servono i pizzicotti sul braccio per avere la certezza di essere desti.
Le delusioni delle ultime due stagioni e, più in generale, quelle ataviche vissute nel campionato dilettanti, hanno cementato barriere spesse e resistenti. E’ per questo che tenere i piedi per terra, più che una professione di realismo, è un esercizio di difesa preventiva: meglio aver paura che prendere sberle, si dice da queste parti. E l’Arezzo lo sa. Quindi tutti cauti: sono passate tre giornate, ne mancano trentuno, vietato illudersi.
Però c’è un però. Che quest’anno potesse essere quello giusto si era capito da subito. L’arrivo di Paolo Giovannini a capo dell’area tecnica aveva dato una sferzata d’entusiasmo a un ambiente depresso e disilluso. Curriculum, esperienza, modo di porsi del direttore generale hanno mutato gli umori della gente e la scelta di affidare la panchina a Paolo Indiani ha fatto il resto. Le vittorie del passato (direttore e allenatore ne vantano a iosa) non garantiscono quelle del futuro ma sono chiaramente la base migliore su cui ricostruire.
Non è un caso che i frutti di una campagna trasferimenti scientifica, mirata, oculata, si stiano vedendo subito. Eppure la rosa è completamente nuova e da che calcio è calcio, l’amalgama non si vende al mercato ma va trovato cammin facendo. L’Arezzo ha bruciato le tappe perché si è mosso in anticipo, ha costruito l’organico prima del ritiro e poi l’ha solo aggiustato, dando modo a Indiani di lavorare sui dettami tecnici, tattici, atletici fin dal primo giorno.
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Il resto lo sta facendo la qualità dei giocatori. Ieri Diallo, alla prima da titolare, ha esibito il campionario del centravanti perfetto: fisicità, velocità nell’allungo, capacità di giocare spalle alla porta, abilità nel fraseggio con i compagni. Ha anche segnato (in sospetto fuorigioco), dando al 433 amaranto un’efficacia e una produttività diverse.
La prestazione del liberiano non è una nota isolata, dentro un derby tirato come da pronostico, con la Sangiovannese che ha combattuto con piglio, carattere e qualche lampo tecnicamente apprezzabile. Gli under dell’Arezzo, per esempio, si stanno disimpegnando con personalità. Pericolini, un terzino 2004 che l’anno scorso giocava in Promozione, è al secondo assist in due giornate. Damiani, centrocampista 2003 che finora aveva sempre disputato i tornei giovanili, muove palla senza timori reverenziali. Gaddini, attaccante 2002, è al secondo gol in tre partite.
Poi ci sono i numeri a mettere in luce il rendimento della squadra: 9 gol segnati, uno solo subìto, miglior attacco e miglior difesa del girone. L’Arezzo produce azioni offensive in modo incisivo e variegato, fa possesso con solidità (anche se la palla a terra, in serie D, non è una costante), difende con vigore nonostante la linea di Indiani stazioni stabilmente a ridosso della riga di centrocampo.
Il vento, dunque, soffia alle spalle. E la gente avverte che l’aria che tira è quella buona. 400 tifosi in trasferta a Orvieto, duemila al Comunale con il Gavorrano, più di 500 ieri a Figline: c’è adrenalina e c’è voglia di togliersi qualche soddisfazione dopo un periodo buio. E’ un entusiasmo contagioso quello che si respira e, come dice Indiani, l’Arezzo deve tenerselo stretto.