L’attaccante torna da ex al Comunale e apre il cassetto dei ricordi: “I pomeriggi in curva con mio padre, il debutto con Bacis allenatore, il trasferimento all’Atalanta. Domenica mi torneranno in mente tanti ricordi, anche i duelli con Gigli quando ci affrontavamo in Primavera. In estate ho scelto Rimini perché è la società che mi ha voluto di più. Il matrimonio e la nascita di mia figlia mi hanno dato tanta forza”
Giacomo Parigi è cresciuto a pane e calcio amaranto. Suo padre era (è) un grande tifoso dell’Arezzo e certe passioni si tramandano in generazione in generazione, anche e soprattutto sui gradoni dello stadio. Le partite viste dalla sud hanno creato un legame che poi si è consolidato con l’approdo nel settore giovanile fino all’esordio in prima squadra, in serie D, con 4 presenze totali sotto le gestioni Bacis e Balbo. Parigi non aveva nemmeno 18 anni ma era una promessa, tanto che l’allora direttore sportivo Nello De Nicola lo cedette all’Atalanta per un bel gruzzoletto di circa 200mila euro. L’attaccante, cresciuto nell’Union Team Chimera, poi ne ha percorsa di strada sia in campo che fuori. Fa il professionista da quasi un decennio, di recente si è sposato ed è diventato papà. Il suocero, giusto per rinsaldare il legame di cui sopra, è Davide Bardelli, direttore sportivo del Tegoleto che nell’Arezzo ha giocato nel Cnd negli anni successivi alla radiazione del 1993.
Si avvicina la partita di domenica: sei sereno o avverti una fibrillazione strana?
Per adesso sto vivendo una settimana come tutte le altre, però so che piano piano lo stato d’animo cambierà. Al Comunale ci ho già giocato da avversario con l’Olbia, nel 2019. Perdemmo 2-1, segnarono Gori e Cutolo. Io entrai alla fine al posto di Doratiotto, non ebbi nemmeno il tempo di emozionarmi. Stavolta spero che vada diversamente, per me sarà una giornata speciale, con parenti e amici sparpagliati in tribuna e in curva.
Qual è il primo ricordo che ti lega all’Arezzo?
Mio babbo che mi porta in curva sud. Era il periodo in cui giocavano Abbruscato e Floro Flores, i miei idoli. Di Floro conservo ancora la maglia autografata che mi regalò.

Tu quella maglia amaranto l’hai anche indossata. Ma non era un periodo facile.
Arrivai nei Giovanissimi quando Fulvio Rondini era il responsabile del settore giovanile. Poi, dopo la ripartenza dalla serie D, andai alla Sangiovannese e quindi tornai ad Arezzo. Giocavo nella Juniores ma mi allenavo spesso con la prima squadra. L’anno in cui Bacis faceva l’allenatore, la squadra era forte: Raso, Martinez, Cissé, Rubechini, Mencarelli, Pecorari. Ma non riuscimmo a vincere. La stagione successiva rimasi fino a gennaio e poi andai all’Atalanta.
Quanto ti ha fatto crescere l’esperienza di Zingonia?
Nella mia carriera ci sono stati alcuni crocevia. L’esordio in D ad Arezzo è stato il primo perché lì ho capito che potevo fare il giocatore. A Bergamo sono cresciuto tanto, è stata una palestra di vita e non solo di sport. E poi dico il debutto in C a Cosenza, nel derby contro il Catanzaro, davanti a 15mila persone: fu un impatto forte con il calcio vero che mi ha dato una spinta fortissima.
Hai girato tante squadre in carriera: Cosenza per l’appunto, Forlì, Akragas, Virtus Francavilla, Paganese, Olbia, Vibonese, Campobasso, Picerno, Arzignano. Secondo molti addetti ai lavori, sei sbocciato tardi. E’ così?
Non lo so, credo che ogni giocatore abbia i suoi tempi. Forse è vero che potevo fare di più e dico che un po’ ci sono delle mie responsabilità e un po’ alcuni incroci non mi hanno aiutato. Ma sono in C da tanti anni ormai, qualcosa di buono penso di averla fatta. Di sicuro non voglio fermarmi, sogno di arrivare in B e darò tutto me stesso per centrare questo obiettivo.
La svolta c’è stata ad Arzignano, dove hai segnato 16 gol in due stagioni?
Sotto certi aspetti sì, anche se ho il rammarico di non aver centrato la doppia cifra e di averla solo sfiorata. La svolta vera però è stata familiare: il matrimonio, la nascita di mia figlia Maria Sole mi hanno responsabilizzato. Vado in campo con un altro spirito e questo mi ha aiutato nel rendimento. Sento addosso tanta forza in più.

In estate al calcio mercato sei stato spesso accostato all’Arezzo ma poi hai scelto Rimini. Perché?
In realtà il Rimini è stata la società che mi ha voluto di più e io mi sono trovato in sintonia con il progetto, penso che sia quello giusto per me. Ho valutato tante cose, tante situazioni, anche perché dopo due anni ad Arzignano sentivo che era arrivato il momento di cambiare. Ciò non toglie che, di qui a fine carriera, ho il sentore che ad Arezzo potrei tornarci.
Che partita ti aspetti domenica?
Una bella partita, tirata, di qualità. L’Arezzo è forte, è in un bel momento e viene da una vittoria pesante a Sassari. Ma anche noi stiamo bene, la sconfitta con la Spal nell’ultima giornata è bugiarda: siamo rimasti in dieci, alcuni episodi ci hanno girato storto, meritavamo perlomeno un punto. Credo che saranno novanta minuti a viso aperto in una bella atmosfera.
Tu nel Rimini, Troise e Gigli nell’Arezzo. Ci sono intrecci suggestivi riguardo gli ex.
E’ vero, nello spogliatoio ne abbiamo parlato in questi giorni. Il mister qua ha lasciato un ottimo ricordo, il che ci darà una motivazione in più per fare bene e conquistare un risultato positivo. Con Gigli, se tutti e due saremo in campo, mi torneranno in mente i duelli all’epoca della Primavera, io all’Atalanta e lui nella Fiorentina. Ci siamo affrontati diverse volte.
I tuoi per chi tiferanno?
Ah, non lo so e non glielo chiedo. Per me di sicuro saranno solo sensazioni belle.